Con  la sentenza n. 5352/2018, la Corte di Cassazione tratta i seguenti temi: se sia stato rispettato il criterio legale di valutazione della prova, ai sensi dell’art. 192 co. 2 c.p.p. (esistenza del fatto desunta da indizi gravi, precisi e concordanti), e se possa essere considerata sufficientemente motivata una sentenza di condanna per diffamazione a mezzo facebook, ai sensi dell’art. 595 co. 3 c.p. (trattandosi di altro mezzo di pubblicità), nell’ipotesi in cui il Giudice d’Appello non si sia confrontato, in sede di motivazione, con tutte le argomentazioni antagoniste (evidenziate nei motivi di gravame) ed in particolare con il dedotto mancato accertamento dell’IP (internet protocol address) di provenienza del messaggio (post) diffamatorio inviato al gruppo di discussione.

 

Il CASO

A una donna, impiegata nell’attività di sindacalista, viene imputato il reato di diffamazione per aver postato su un forum un post di accusa verso il sindaco della città. Il profilo che riportava il nome e cognome della donna, che al tempo della pubblicazione incriminata, rivestiva ancora l’attività di sindacalista, era sì intestato a lei ma veniva utilizzato da più utenti. La difesa ha preteso l’analisi dell’indirizzo IP (E’ un numero univoco in tutto il mondo che identifica ogni computer collegato a Internet: al momento del collegamento, tramite modem, con un provider, questi assegna al chiamante automaticamente un indirizzo IP valido.). Dall’analisi di quest’ultimo e dei file di log (I log files sono invece dei documenti che risiedono sui server e nei quali, ad ogni collegamento, vengono scritte informazioni relative alla visita dell’utente: IP address, data, ora, pagina richiesta, se la pagina è stata correttamente inviata e le sue dimensioni.) risulta che il post incriminato è stato scritto da un altro utente e non dalla donna che aveva ricevuto le prime accuse. Le accuse sulla donna sono quindi sospese.

 

EPILOGO

 La sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio, vista l’insufficiente motivazione circa il relativo dubbio e la possibilità che terze persone abbiano potuto utilizzare il nickname dell’imputata per pubblicare il post sul forum in questione. In più è mancato il rispetto del criterio legale di valutazione ex art. 192, comma 2, c.p.p. In merito alla convergenza, concordanza e precisione degli indizi posti a base della ritenuta responsabilità.

Vista dunque la facilità con la quale spesso si riesce a postare sui Social Network e vista la possibiltà di condividere diversi account e admin di pagine e profili risulta che “Senza l’analisi dell’indirizzo IP non può sussistere una condanna per diffamazione”.

 

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