La domanda che dà il titolo all’articolo è un po’ una provocazione, ma fonda le sue basi su una riflessione sulla quale, come studio legale, ci preme soffermarci.

I social network, WhatsApp, Instagram, Facebook, Twitter, SnapChat, Pinterest e molti altri, hanno cambiato inevitabilmente il nostro modo di vivere e di intendere la comunicazione.

Distratti, superficiali, avventati. Ecco come ci appaiono i nostri figli quando nel pomeriggio cerchiamo di comunicare con loro, impartire la giusta educazione, interagire.

Oggi vogliamo affrontare proprio il tema della leggerezza, intesa in senso un po’ negativo.

Riprendendo una riflessione di Aldo Cazzullo, che nel suo libro  “Metti via quel cellulare” scrive:

“Secoli di produzione fatti a pezzi, un sapere parcellizzato e frammentato, informazioni che sembrano gratuite ma in realtà lasciamo tracce di noi con la conseguenza che le giovani generazioni non sanno assaporare il tempo, ma vivono l’immediato e il presente, senza coscienza storica”.

E continua: “Nel web nulla si distrugge”, ricordando che fra 10 anni, una cosa postata oggi potrebbe finire nelle mani di un possibile datore di lavoro.

Dal punto di vista di un avvocato, questo atteggiamento di continuo bisogno di postare, si traduce in un potenziale pericolo: i ragazzi (a volte anche i genitori però) annientano qualunque difesa barattando la propria via privata con una manciata di like.

Come prendere coscienza?

Gli smartphone e i tablet sono frutto della società che cambia, che si evolve. Non si può certo comunicare ai ragazzi chiedendo loro di spegnere per sempre il proprio cellulare o di rimanere “tagliati fuori” dall’innovazione tecnologica. Però è possibile far capire loro che ogni cosa postata sul web, ogni immagine inviata su whatsapp ha un pubblico potenzialmente infinito. L’idea di chi condivide qualcosa è quella di catturare un momento o una sensazione momentanea, ma poi il risultato di questo momento diventa duraturo nel tempo.

L’effetto farfalla.

Forse, un buon modo per far capire le conseguenze del “postaggio selvaggio” può essere nella spiegazione dell’effetto farfalla: si tratta di una teoria utilizzata in fisica e matematica.

Alan Touring nel 1950 sostenne:

« Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza. ».

Così, il battito d’ali di una farfalla potrebbe generare un uragano dall’altra parte del mondo.

Per riportarla al nostro caso, postare un’immagine osé o dichiarare una frase infelice potrebbe diventare motivo di esclusione ad un colloquio futuro o, peggio, diventare materiale per innescare una “macchina del fango” nel caso in cui entrassimo in politica o decidessimo di rivestire un ruolo pubblico.

Ecco perché è importante discutere con i ragazzi di tutto questo: occorre far capire loro l’importanza di un atteggiamento cosciente e consapevole. Nessuno sa cosa succederà in futuro, ma seminare una potenziale “mina” all’interno del web, potrebbe avere conseguenze inimmaginabili.