Volevo i pantaloni: si torna a parlare di donne e violenza.

“Siamo così, dolcemente complicate…”, così recita il testo di “Quello che le donne non dicono”, famosa canzone di Fiorella Mannoia. La cantante intendeva certo descrivere l’Universo interiore del genere femminile fatto sì di contraddizioni, ma al tempo stesso costruito su una grande capacità di intuizione e una forte dose di sensibilità. Oggi prendiamo tristemente in prestito il titolo di questa canzone per adattarlo ai nostri tempi.

Cosa “non dicono” le donne?

Forse non dicono di come la società attuale abbia ancora bisogno di una cultura dedicata alle donne, o più generalmente, dedicata al rispetto.

Le leggi ci sono, non ne servono altre. La cosa che più rimane difficile da fare è l’educazione al dialogo e all’uguaglianza di genere, cosa che riguarda tutti.

Un dato allarmante ci viene dalle forze dell’ordine italiane: tra il 2014 e il 2016 sono stati disposti 787 allontanamenti urgenti dalla casa familiare. Nello stesso periodo, sono stati emessi 6.405 ammonimenti per stalking.

Sembra che tra le cause principali degli atteggiamenti violenti nei confronti del gentil sesso ci siano rancori familiari, ripicche legate ad atteggiamenti stantii che si ingigantiscono fino ad esplodere in episodi di violenza. A volte, sfociano nel femminicidio.

Come legali, noi dello Studio Rosaria Stefano, non possiamo far altro che schierarci dalla parte della non violenza e informare tutte le donne che la tutela e il rispetto dal punto di vista legale è parte integrante del nostro operato quotidiano. Esiste un numero, il 119, da chiamare in qualunque caso di violenza per informarsi sui centri di accoglienza che si occupano di abusi verso la donna.

 

Ma perché gli uomini diventano violenti?

C’è uno stravolgimento dei ruoli così come li conoscevamo e che, tristemente, avevano assunto una forma stereotipata nel tempo. Se il bombardamento mediatico vede la donna sempre più “oggetto” e sempre più “al centro” delle discussioni, questo fa sì che l’uomo tenda a considerarla come qualcosa da “prendere”, un oggetto del contendere. “Il potere logora chi non ce l’ha”, recita un’aforisma di Charles Maurice de Tayllerand, poi ripreso e reso famoso, da Giulio Andreotti.

Se continuiamo a credere al “potere” come assoluta identificazione del nostro successo o del nostro fallimento, non riusciremo mai ad uscire dagli stereotipi. Diventeremo sempre più vittime di un sistema che gioca al posto nostro. Così come “l’uomo che non deve chiedere mai” o  “un vero uomo non piange”, ci frullerà sempre in testa un “Sono io che porto i pantaloni” e ci sentiremo spodestati ad ogni conquista della nostra compagna o della donna in generale. La violenza sulla donna è inaccettabile e non è mai giustificabile. E’ bene che gli uomini ci facciano i conti sempre, in ogni momento della giornata.

 

Donne con i pantaloni? Smettiamo di essere vittime delle manipolazioni.

Dall’altro lato della barricata c’è una donna che rischia anch’ella di diventare vittima di un cliché imposto dalla giostra dei bisogni indotti. Una donna che viene chiamata ad essere mamma, amante, realizzata sul lavoro e alla quale è imposto il divieto di invecchiare. Anche la donna deve smettere di alimentare il maschilismo di una società che ormai è cambiata, non gioca più secondo le regole della seduzione all’antica, ha bisogno di adattarsi ai tempi. Per questo non si deve mai cedere agli abusi di potere, “passare sopra” a comportamenti che nascondono già in essere atteggiamenti di prevaricazione, ancor prima di arrivare alla violenza vera e propria. Occorre denunciare subito situazioni pericolose e contenerle sin dall’inizio.