Vediamo un caso specifico nel quale i figli sono stati interpellati ai fini di una decisione giudiziale
Siamo nel tribunale per i minorenni di Bari dove una donna ha di riconoscere e dichiarare la paternità della figlia, nata da una relazione con un uomo. Il Tribunale ha dichiarato la minore figlia “naturale” del resistente disponendo a suo carico l’obbligo di versare il relativo mantenimento.
La Corte d’appello ha poi accolto parzialmente il ricorso proposto dall’uomo, rigettando l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della madre, considerata l’età della minore, ma riducendo l’ammontare dell’assegno di mantenimento.
Avverso tale provvedimento, il figlio dell’uomo (nel frattempo deceduto) ha presentato ricorso per cassazione.
Il genitore non deve dichiarare di agire per conto del figlio. La Cassazione ritiene che la Corte territoriale abbia correttamente applicato l’art. 273 c.c. seguendo il consolidato orientamento di legittimità in base al quale tale norma, nel prevedere che l’azione per ottenere la declaratoria giudiziale di paternità o maternità “naturale” possa essere promossa nell’interesse del figlio minore dal genitore esercente la responsabilità, «configura un’estensione – rispetto a un diritto personale del figlio – del potere di rappresentanza ex lege spettante al genitore, e mira a tutelare esclusivamente detto minore sulla base della presunzione di un suo interesse all’accertamento dello status» (Cass. n. 5526/2001).
A tal fine non occorre che il genitore dichiari espressamente di agire in nome e per conto del figlio o nel suo interesse ma è sufficiente che tali circostanze emergano dal contesto complessivo del ricorso.
Da qui arriva l’obbligo di ascolto del minore che compie 12 anni in corso di appello. La Suprema Corte considera invece fondato il secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente lamentava il mancato ascolto della minore, che nel corso del processo aveva raggiunto i dodici anni di età, senza alcuna motivazione.
I giudici di legittimità si allineano ad altro consolidato orientamento secondo cui se il minore compie dodici anni nel giudizio di appello il giudice del gravame è tenuto a procedere alla sua audizione «riflettendo tale obbligo una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni ed interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere ignorati» (Cass. n. 5676/2017).
Per questi motivi, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d’appello relativamente al secondo motivo di ricorso.
Fonte: IlFamiliarista.it