Siete figli di genitori separati e godete della “paghetta” mensile da parte di Papà? Beh è il momento di cercarvi un lavoro. Sì, se siete abbastanza adulti e non avete malattie o disturbi che vi rendano impossibile il lavoro, allora dovrete darvi da fare al più presto.
La vicenda.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22314/2017 depositata il 25 settembre, ha accolto il ricorso presentato da un padre nei confronti della figlia 35enne revocando l’assegno di mantenimento precedentemente disposto in favore dell’ex moglie. L’uomo si era presentato un ricorso in Tribunale perché la figlia, non affetta da patologie che le impedirebbero di lavorare, non si era ancora attivata per cercare un’occupazione. Ricorso inizialmente rifiutato ma che poi, la Corte d’Appello ha invece accettato disponendo lo “Stop” al mantenimento da parte del padre.
Cosa dice la legge?
La legge protegge il figlio che non perde automaticamente il diritto al mantenimento dopo il conseguimento della maggiore età (già presente nella costituzione e ribadito dall’art.337-3 c.c.). Al figlio di coniugi separati è infatti garantito il diritto allo studio fino al raggiungimento delle competenze specifiche che gli consentano di entrare nel mondo del lavoro (in base alla sentenza della Cass. Civ. n.12952/2016). Quindi è a discrezione del giudice definire se il figlio sia realmente in grado di iniziare a lavorare o meno.
Ovviamente questo dipende dai casi. In un momento storico di crisi come quella che sta attraversando il nostro Paese, diventa davvero arduo per un giudice poter definire se il figlio abbia raggiunto i titoli necessari per potersi inserire nel mondo del lavoro. E’ ovvio che la verità stia sempre in mezzo. Nel caso di giovani che dimostrino di aver cercato lavoro attraverso siti, portali web, o che risultino inseriti nelle liste di collocamento e nei centri per l’impiego, la questione diventa di certo più limpida. E’ vero anche che la tendenza tutta italiana a rimanere “bamboccioni” ha un po’ inquinato la valutazione di molti casi e quindi il giudice dovrà valutare attentamente caso per caso e definire l’idoneità a svolgere l’attività lavorativa da parte del figlio.