Buonasera a tutti dallo Studio Rosaria Stefano,
oggi prendiamo spunto da una sentenza che arriva dagli States per cercare di capire quando la street art può essere considerata tale e quando invece diventa vandalismo a tutti gli effetti.
Il fatto.
Jerry e David Wolkoff, due fratelli proprietari degli immobili siti al 45 e al 46 di Davis Street di New York, hanno deciso di demolire i due edifici di 5Points perché la zona, che dapprima costituiva una vera attrazione per gli appassionati di SreetArt in visita a New York, negli anni è diventata un’area residenziale molto chic e costosa. L’azione ha sollevato polemiche e critiche da tutto il mondo tanto da finire nell’occhio della stampa internazionale. Purtroppo per loro, il giudice ha elevato i graffiti in questione ad arte, e secondo la legge degli Stati Uniti chi distrugge intenzionalmente un’opera di valore artistico deve essere condannato a risarcire il suo autore. In questo caso, 21 autori differenti, per un totale che supera i 6 milioni di dollari.
Ma i graffiti possono considerarsi arte o sinonimo di sporcizia e “inquinamento” delle citta?
E’ una domanda importante alla quale anche in Italia si è cercato di dare una risposta. La Cassazione non si è ancora pronunciata in merito o comunque non è ancora arrivata ad una chiara decisione.
Se non l’ha dato la Cassazione, un giudizio di valore “artistico” sui graffiti l’hanno invece dato i giudici precedenti che hanno trattato uno dei primi casi in materia.
Primo grado: i giudici assolvono Manuinvisibile, nickname di un writer sardo, perché il fatto non costituisce reato. «Aveva agito con l’intento di abbellire la facciata e di effettuare un intervento riparatore, realizzando un’opera di oggettivo valore artistico», dicono.I giudici inoltre fanno appello al comprovato talento artistico del giovane in quanto alcune delle sue opere: «erano state pubblicamente riconosciute dal Comune di Milano, era risultato vincitore di un bando per rivalutare piazza Schiavone alla Bovisa con uno street artist».
La cosa che rimane certa è che, almeno per il momento, può tranquillizzare i writers del belpaese, è che i graffiti non sono reato se i muri sono già imbrattati. Questo ovviamente a meno di non aver avuto una richiesta su commissione privata: in quel caso fa fede l’accordo tra il proprietario dell’immobile e l’artista.
Diverso è il discorso su treni, monumenti e opere pubbliche: la difficoltà della decisione della Cassazione risiede nel dare una norma “oggettiva” nel considerare cosa è arte e cosa no. Il rischio potrebbe essere quello di sguinzagliare “vandali” consentendo loro di andare in giro con bombolette e aerografi a “scrivere” qualunque cosa su muri e metropolitane. Di certo la questione è complicata.
Ultimamente in Italia sono nati gruppi di azione (come Retake) che “ripuliscono” monumenti e muri dalle sporcizie del “tagging” che è un’azione ben diversa però rispetto ai graffiti: consiste nello “scrivere” la propria firma in qualunque spazio bianco pulito di proprietà comune. Forse la Cassazione dovrebbe prima riuscire a definire le differenze tra “tagging”, “graffiti” e “vandalismo” prima di poter formulare una legge in merito.